Giuseppe Di Bella | Sette Arcangeli

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Durante la primavera del 2020, nel silenzio della prima pandemia, un senso acuto che agiva in me da anni, come pensiero laterale, a un certo punto è entrato al centro del mio campo visivo.
Attenzione e sensibilità, quasi che lo sguardo si fosse sviluppato e intensificato sull’oggetto della mia realtà emotiva, che affiorava via via, in trasparenza, come una luce dentro un ventre.

Questo silenzio del reale rendeva più forte il suono di una coscienza umana, non morale, e percettivamente acuta, nuda, capace di sentire di più il sé negli altri e gli altri nel sé. Un vero e una verità sensibili, per vedere qualcosa di profondo e lontano.
Allora ho sentito che da questo lontano indefinito, una voce e un canto erano possibili, erano netti, più sfocava il reale, più questo canto si faceva icastico, spezzato e delineato, e si avvicinava per dire qualcosa di importante. Così ho iniziato a modulare in me questa forma vergine di sensibilità, fino a farne un fraseggio, una evocazione precisa.

Dopo anni dalla mia prima lettura della Teologia mistica di Dionigi, sono arrivato a capire che la natura del mio interesse per quel testo, risiedeva nella possibilità di trovare una dimensione traslata dell’umano, una dimensione al limite, sempre sul bordo, tra il poetico e l’ascetico, al confine dell’orizzonte.
Così gli angeli, anzi, gli Arcangeli, coloro che stanno a guardia ed esistono tra il nostro mondo terreno e tutte le altre schiere celesti, e sono la custodia, la forza che si trova simbolicamente alla fine dell’umano, alla fine dell’Io.
Ecco l’Arcangelo.
Gli Arcangeli sono il gesto che sfora la misura, la grazia che esonda nella generosità di uno stato d’animo con cui si elide il rancore o la violenza, e si ferma il coltello, si toglie il cappio dal collo di un condannato a morte, anche se è un assassino.
L’Arcangelo è il pensiero che si fa azione nell’immediato.

Da qui le trame e le suggestioni sono infinite, proprio perché segnano anche lo spazio tra i miei limiti e i limiti delle cose celesti quando si riverberano nei riti delle cose terrene. E grazie a questo limite si chiudono, si compiono finalmente.

Allora l’incontro con Gianluca e Luca, è stato l’ennesimo cortocircuito, l’attraversamento finale per arrivare a questa condensazione di contenuti e forme. per arrivare al limite anche della forma canzone, con cui vivo un corpo a corpo da anni.
Gianluca Cangemi, da maieuta è stato il pioniere di certe zone oscure, mesi prima che parlassimo di questo lavoro, ricordandomi, che tutto il rumore e la tristezza della contemporaneità non ci appartengono, e non ci riguardano, sono fuori di noi. E quasi per riflesso ritengo sia nato questo disco, cercando un silenzio che è derivato dal vuoto, dallo svuotamento totale, per un solo istante, di tutto il peso della coscienza nota, verso la finestra o l’icona dell’incerto, la meraviglia e lo stupore in forma angelica, del niente che per un momento mi ha sfiorato.
Così questo disco è il mio personale inno contro ogni forma di materialismo, soprattutto quelle che ammorbano il linguaggio e il pensiero.

Dopo avere sciolto tutto questo, la musica e il canto sono venuti da loro medesimi. Ho filato un tessuto sottilissimo, con il soccorso di una lunga cernita e con la costrizione di raccogliere presto il materiale distillato prima che iniziasse a degradarsi, che mi ha imposto Gianluca come guida e produttore.

Otto modi musicali differenti, per sette Arcangeli e uno in più per Lucifero, il più bello e il più disperatamente amante tra tutti i simboli celesti.
Dopo i brani sono stati filtrati e dimidiati delle troppe lontananze musicali che mi chiamavano, e ricondotti a una contemporaneità senza riserve, senza indulgenza nei confronti di un ascoltatore che non fosse davvero nel solco di un ascolto attentissimo e profondo.

E la produzione in studio ha seguito coerentemente tutto questo, portandomi fuori da me nella perdita totale del controllo dell’esecutore, in un travaso sicuramente cerimoniale. Lì, con la squadra Almendra, la determinazione curatoriale e dura di Gianluca e la presenza luminosa e necessaria di mio fratello Daniele, un modo nuovo di sentire la mia musica, oltre e sopra i miei limiti, è stato fissato.

I testi di questo disco sono stati scritti quasi in Phonè, seguendo più la febbrilità delle forme sillabiche sugli arpeggi, che non il senso delle parole, e risultano sintetici e lapidari, anche se dentro ci sono frammenti rielaborati di Agrippa, del Corpus Dionysiacum, di Rilke, di Dante.

Le progressioni armoniche sono derivate dal madrigale cinque-seicentesco, dalla musica modale, dalle estensioni accordali del Sud America. Le melodie sono caratterizzate dal gesto ampio, e vengono sempre restituite tra la consonanza più dolce e una dissonanza radicale, aspra, anche nelle risoluzioni.
In questo, in fondo, ho trovato la sintesi per la musica degli Arcangeli, in questa eufonia tradita, in questo dolore che giunge sempre alla fine di una gioia, in questo offuscare sempre l’ovvio.

Non considerate questo lavoro per la sua difficoltà di ascolto, ammesso che ve ne sia: del resto, se davvero potessimo ascoltare il canto degli angeli, per noi sarebbe assolutamente incomprensibile.


Giuseppe Di Bella
Enna, 26 Marzo 2021

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Music and lyrics by Giuseppe Di Bella

Giuseppe Di Bella: voice and classical guitar
Marco Beasley: voice on ‘Raziel‘ (track 7)
No voice or guitar doublings, no artificial reverbs (except on track 7), very minimal edit: what you hear on this album captures and renders for you the intense and intimate recording session solely through microphones placement in the real spaces of the studio, EQs, compression, and signals balancing.


Produced by Gianluca Cangemi & Luca Rinaudo

Recorded on 29 and 30 September, 2020 at Zeit Studio (Palermo, Italy) by Luca Rinaudo and Gianluca Cangemi, except Marco Beasley’s voice recorded on 19 November, 2020 by Federico “Bandiani” Lagomarsino (Genoa, Italy).

Mixed and mastered by Luca Rinaudo at Zeit Studio (Palermo, Italy)

Artwork and graphics: Giuseppe Di Bella

Product manager: Gianluca Cangemi